Anche in Italia sta crescendo il lavoro agile, ma la percentuale di adesione è ancora bassa rispetto alla media europea e agli Stati Uniti.

Secondo il rapporto 2017 dell’osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano la percentuale di lavoratori italiani dipendenti che lavora in modalità agile è di appena l’8%.

La normativa italiana numero 81 del 22 maggio 2017 ha introdotto il concetto di lavoro agile, una delle possibilità di svolgimento delle mansioni da dipendente sia a tempo determinato che indeterminato. Il lavoro agile deve essere definito in sede contrattuale e riguarda sia il settore privato che quello pubblico.

Lo smart worker gode degli stessi diritti dei lavoratori in sede.

Diretta conseguenza della digitalizzazione, il lavoro agile consente ai lavoratori di svolgere le proprie attività senza vincoli di luogo e con una maggiore flessibilità nella gestione del tempo, adottando un’ottica di raggiungimento degli obiettivi.

Il lavoro agile presenta indubbi vantaggi sia per il lavoratore che per l’organizzazione:

equilibrio maggiore tra lavoro e privato in termini di tempo e qualità della vita;

ottimizzazione dei tempi del viaggio per raggiungere e lasciare la sede di lavoro;

diminuzione dell’assenteismo;

risparmio per l’organizzazione sulle spese di sede;

aumento della produttività;

si tratta di una scelta di eco sostenibilità in quanto riduce l’inquinamento atmosferico;

aumenta la motivazione al lavoro in quanto migliora la qualità della vita dei lavoratori.

Tuttavia, a onor del vero, è importante far presente anche due limiti del lavoro agile:

rischio di isolamento in termini di relazioni;

la connessione continua alla rete.

Per sopperire al primo punto è necessario che l’organizzazione sia in grado di declinare le soft skill digitali del lavoratore, incoraggiando l’elemento relazionale per il lavoro in team online.

Per controllare il fenomeno della connessione continua, che esporrebbe il lavoratore a un numero eccessivo di ore in rete, c’è il cosiddetto diritto di disconnessione che limita la discrezionalità nell’uso del tempo tipica dello smart working.